E SE IL MIO BAMBINO NON LO FA ANCORA?
E se il mio bambino non lo fa ancora?
L’importanza della relazione genitore-bambino nella promozione allo sviluppo

Sul web si trovano tanti articoli sulle “tappe evolutive” in cui gli specialisti segnalano quali competenze deve avere il bambino in una determinata fase dello sviluppo . Ad esempio, entro i 12 mesi dovrebbe saper dire le prime parole, a 18 mesi saper condividere l’interesse con l’altro, imitare, fare il gioco del “far finta” ed avere un repertorio linguistico di circa 50 parole, a 24 mesi aver sviluppato il gioco simbolico, ecc.
E se il mio bambino non lo fa ancora?
Io genitore, cosa devo fare? Devo preoccuparmi, devo sentire uno specialista o aspettare?
Tante sono le domande che un genitore si pone e la prima risposta da dare potrebbe essere quella di parlare di queste preoccupazioni con il proprio specialista di riferimento, in genere il pediatra, in modo che possa valutare le abilità del bambino con occhio più esperto.
Se il medico ha un sospetto diagnostico, allora sarà necessario capire quale strada percorrere insieme. Spesso, a fianco dei professionisti come logopedisti, psicomotricisti e psicologi, troviamo anche professionisti che effettuano interventi di parent-coaching. Negli ultimi anni e dalle recenti ricerche scientifiche è emerso che la terapia dei ritardi/disturbi dello sviluppo, richiede la creazione di piani di apprendimento pianificati, tarati sul livello di sviluppo del bambino nel suo ambiente naturale.
Questo rende ormai inderogabile la necessità di programmi che promuovano nei caregiver “naturali” alcune conoscenze e competenze per poter generalizzare nella vita quotidiana gli obiettivi e le strategie terapeutiche individuate in collaborazione con i professionisti che seguono il bambino direttamente.
Che cosa significa parent- coaching?
Il coaching è un’attività svolta da un professionista che si avvale di metodi di aiuto e stimolo, con il fine di aiutare il cliente nel raggiungimento dei suoi obiettivi.
Il Parent Coach, è una figura professionale riconosciuta che aiuta i genitori a vivere con migliore efficacia e soddisfazione le piccole e grandi sfide del contesto familiare e a supportare lo sviluppo.
Negli interventi mediati dai genitori, quest’ultimo è agente attivo del cambiamento del proprio figlio: il bambino è il beneficiario diretto della terapia. Questi interventi mirano alla formazione e quindi alla trasmissione di competenze specifiche che vengono proposte al genitore dal terapeuta, soprattutto tramite un parent-coaching centrato sull’interazione genitore-bambino.
Nel corso del programma i genitori apprendono concetti di base relativi allo sviluppo della comunicazione e del linguaggio in età evolutiva, all’importanza della comunicazione non verbale, sulla asincronia tra sviluppo della comprensione e produzione del linguaggio verbale.
Le informazioni che i genitori ricevono durante il programma sono importanti perché consentiranno loro di comprendere la situazione evolutiva del figlio e di stabilire obiettivi realistici.
Inoltre, i genitori imparano strategie per arricchire il vocabolario e facilitare lo sviluppo del linguaggio dei loro bambini o abilità sociali e di gioco che ancora non si sono sviluppate.
Come si può stimolare la comunicazione sociale all’interno della relazione genitore-bambino?
In questi percorsi, quando ci si riferisce al “parlare”, si intende qualcosa di più ampio rispetto al solo linguaggio vocale che non è l’unica forma di comunicazione. All’interno della comunicazione ci sono infatti gesti, parole e segni che il bambino magari già utilizza in modo funzionale ma al quale il genitore non presta particolarmente attenzione.
Imparare su come comunica il vostro bambino è il primo passo per aiutarlo a diventare un miglior “comunicatore”, ad esempio se guarda, sorride, indica, fa gesti, emette suoni, ecc. Successivamente l’obiettivo è pensare al perchè comunica: per dire cosa vuole o non vuole, per attirare l’attenzione, per fare domande o commenti.
Un consiglio pratico è quello di mettersi faccia a faccia: voi e vostro figlio potrete comunicare più facilmente e condividere questo momento, entrambi potrete sentire e vedere meglio ogni segnale dell’altro e sarà più facile per voi incoraggiarlo a prendere iniziative comunicative.
Osservate il suo linguaggio corporeo: le sue azioni, i suoi gesti, le sue espressioni facciali, prestate attenzione a cosa sta guardando, ciò che gli interessa.
Aspettate e smettete di parlare, date a vostro figlio il tempo di iniziare un’interazione o rispondere a cosa avete detto o fatto, dandogli il giusto tempo di cui ha bisogno per rispondere o prendere l’iniziativa comunicativa.
Ascoltate e prestate molta attenzione a tutte le parole e suoni o gesti del vostro bambino, non interromperlo!!Dovete fargli capire che ciò che dice è IMPORTANTE PER VOI!
Se si fa fatica a comprendere ciò che dice o vuole comunicarvi, cercate indizi per cercare di indovinare.
Seguire il bambino che “guida” l’interazione significa quindi rispondere con interesse a ciò che vi sta comunicando; gli state dimostrando che quello che fa e dice è importante e potete rispondere ampliando (espandendo) ciò che lui vi ha comunicato.
BIBLIOGRAFIA
“Parent-coaching per l’intervento precoce sul linguaggio. Percorsi di lettura dialogica nel programma “Oltre il libro”., Girolametto, Bello, Onofrio, Remi, Caselli. Ed. Erickson, 2017
“Parlare, un gioco a due”. Guida pratica per genitori di bambini con disturbi di linguaggio. Pepper, Weitzman. Ed. Alpes Italia, 2017
“L’intervento precoce nel ritardo di linguaggio”, il modello INTERACT per il bambino parlatore tardivo. Bonifacio, Stefani. Ed. Franco Angeli, 2016Relazione madre-figlio: l’interdipendenza nel legame d’attaccamento State of Mind, 09-2016.
Autrice
Dott.ssa Monica Rigotti
Psicologa ed Analista del Comportamento BCBA, Supervisore di Interventi psicoeducativi con bambini con disturbi del Neurosviluppo, secondo l’Analisi del Comportamento Applicata (ABA: Applied Behavior Analysis), terapista ESDM certificata, docente in master universitari del Consorzio Humanitas, Presidente della Cooperativa sociale